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TWO DOOR CINEMA CLUB - intervistati da Olga Campofreda per Freakout
INTERVISTA AI TWO DOOR CINEMA CLUB di Olga Campofreda - www.freakout-online.it Marzo 2010
Prima dei quaranta minuti di fuoco che hanno incendiato il palco dell’Akab di Roma, Kevin, basso e voce dei Two Door Cinema Club, si è offerto di introdurci nel mondo del trio di Belfast.
Ecco il primo profilo (esclusivo) di una band di cui sentiremo parlare molto spesso…

Tourist History è il vostro primo album è voi avete solo vent’anni. Questo fa di voi un puro prodotto degli anni zero. Cosa vi distingue dalle altre band?
Non siamo tanto ingenui da affermare che il nostro sound è qualcosa di assolutamente nuovo. Al momento però siamo l’unica band, una guitar-band, che riesce ad accostarsi all’elettronica pur rimanendo in un contesto pop.

Siete una delle poche indie band irlandesi e il successo vi ha imposto il trasferimento a Londra. In cosa si differenziano maggiormente ai vostri occhi questi due luoghi, dal punto di vista culturale e musicale? Vi sentite ancora legati a Belfast o siete più vicini alla scena londinese?
C’è una grandissima differenza tra Belfast e Londra. Londra è una grandissima metropoli multietnica, azzarderei ad affermare che non si caratterizza per una cultura propria, quanto per un insieme di culture differenti. Belfast invece è una città molto piccola, piuttosto concentrata sulla musica locale, sull’arte e la poesia di quella terra, in modo particolare. Personalmente, non mi sentirò mai tanto vicino a nessuna città quanto a Belfast: è stata e continua ad essere un punto di riferimento per la mia formazione musicale.

Il progetto TDCC è nato tra i banchi della Grammar School di Belfast. Che ruolo aveva la musica ai tempi del liceo?
Era musica che ci teneva insieme soprattutto come amici. Condividevamo soprattutto la passione per band post-punk come At the Drive-In. Ciascuno di noi suonava uno strumento e così abbiamo deciso di creare un gruppo. Allora, avevamo 15 anni.

Qual è stato l’impatto della produzione nelle vostre canzoni? Vi siete sentiti liberi di prendere decisioni durante la registrazione dell’album?
Abbiamo cominciato usando il laptop come percussioni al posto della batteria e solo da pochi mesi abbiamo incluso un vero batterista. La produzione ha effettivamente giocato un grande ruolo nella registrazione, soprattutto nelle parti di elettronica. Prima dell’esperienza in casa discografica, ci siamo sempre auto-prodotti, così il pensiero di lavorare con un produttore ci rendeva abbastanza nervosi, perché temevamo di perdere il controllo sul nostro progetto. Tutti questi timori si sono rivelati infondati, il nostro produttore ci ha sempre lasciato molto spazio nelle decisioni, ha sempre detto “il disco deve essere vostro”.

Da quando avete firmato con la vostra etichetta siete costantemente in tour. Cosa avete da dire su questo tipo di vita?
Siamo in tour da molto più tempo! Adesso è circa un anno e mezzo. Devi imparare a vivere sempre con la valigia al seguito e i momenti più difficili sono proprio gli ultimi giorni del tour, quando porti dietro solo un mucchio di panni sporchi. Devi poi essere sempre in salute, e per sentirti sempre bene devi assumere molte vitamine, trovare il tempo ed energie per divertirti. È tutto come noi credevamo che fosse, ma la maggior parte delle persone che ci seguissero per una sola settimana resterebbero deluse: non è così glamorous come ci si attende.

Raccontateci uno degli episodi più strani o divertenti che è successo in tour…
Durante il nostro primo tour viaggiavamo in un piccolo van a tre posti, probabilmente il peggior veicolo mai costruito nella storia. Eravamo in autostrada e ad un certo punto l’intero volante è volato via dal posto di guida. E stato uno dei momenti più terrificanti, ma una volta scampati al pericolo, risulta una scena assolutamente comica!

Avete avuto modo di stringere rapporti con artisti di successo? Qual è l’incontro che vi ha segnato maggiormente?
Abbiamo avuto molti apprezzamenti telematici da star come Kanye West e Mark Hoppus (Blink 182)…non molti dal vivo. Una volta abbiamo incontrato Pete Doherty, ma non è stato un grande incontro e non ci ha affatto segnati.

La sera stessa del vostro concerto all’Akab di Roma avete ricevuto notizia che il vostro album era scaricabile illegalmente in rete. Cosa pensate degli Mp3 e la musica digitale?
Penso che il problema maggiore stia nel fatto che le persone che scaricano musica illegalmente non credano di fare una cosa sbagliata. Qualcosa è andato storto è la musica nell’immaginario generale ha subito una forte svalutazione. Ovviamente ci piacerebbe che la gente potesse ricompensarci del duro lavoro che abbiamo affrontato nel produrre l’album con l’acquisto di questo. In caso contrario per noi, come per ogni artista, sarà molto difficile arrivare a produrne un secondo.

A vent’anni avete già suonato sulla maggior parte dei palchi europei, siete stati al Glastonbury e la vostra prima data inglese dopo l’uscita del disco è già sold out. NME dice che sarete probabilmente la rivelazione del 2010. Sembra che abbiate bruciato in fretta le tappe che molte grandi band hanno percorso lentamente…o è solo il sistema che sta cambiando?
Per quello che ci riguarda, non è stato affatto così veloce! Abbiamo iniziato tre anni fa suonando in piccoli club di Belfast e lì ci siamo fatti le ossa. Siamo in tour da un anno e mezzo e da tre anni scriviamo le nostre canzoni per suonarle in piccoli club. Per il futuro vogliamo continuare a fare quello che già stiamo facendo. Scrivere buona musica e suonarla bene dal vivo: questo è quello che abbiamo sempre voluto fare, cercando di migliorarci ogni volta di più.